lunedì 6 novembre 2017

I tremila del Gruppo del Sella

Come ormai sapranno i miei quattro lettori in occasione delle mie giornate lavorative in Italia settentrionale colgo ogni volta che mi è possibile l'occasione per fare qualche giretto montano. Sono alloggiato a Ponte di Piave, nel Trevigiano, e come destinazione scelgo inizialmente la Marmolada, di cui penso di fare la ferrata occidentale e scendere dalla via normale sul ghiacciaio. Parto il sabato pomeriggio e arrivo al lago di Fedaia in serata., però notizie che mi arrivano non sono buonissime: gran caldo e crepacci molto aperti, da saltare sul ghiacciaio, cosa non proprio ideale per una persona sola; in più è previsto anche tempo non perfetto, con annuvolamenti sparsi. Prendo quindi la decisione di ripiegare su un itinerario certamente molto più semplice e da cui ci si può ritirare con qualsiasi tempo. Mi reco al Passo Pordoi per salire il giorno successivo sul facilissimo Piz Boè, cui aggiungere qualche altra cima secondaria. Come consueto non spendo soldi per il pernottamento, ho dietro la tenda, ma dormo direttamente in macchina poco sotto il Passo.
Nell'attesa della notte decido il percorso: salita al Piz Boè, quindi traversata della Cresta Strenta e salita al Piz Léch Dlacé, tutte cime oltre i 3000 m; unica indecisione salire alla Forcella del Pordoi a piedi o arrivarci con la funivia al Sass Pordoi passando dal Rifugio Maria. Decido di non decidere: se sarò pronto abbastanza presto al mattino andrò a piedi, se farò tardi prenderò la funivia.
Prime luci del giorno sul Gruppo del sassolungo
Passo una buone notte in macchina e al mattino decido di fare a piedi i 600 m di dislivello lungo il sentiero 627 fino alla Forcella Pordoi, lo trovo più etico e più risparmioso, ma anche più sportivo visto che  farò un itinerario molto facile, almeno metto qualche metro di dislivello nelle gambe. 

Fioriture appena sopra il Passo Pordoi

La prima parte è davvero molto facile, con una grande gobba erbosa percorsa da sentiero dotato di gradoni, poi il tracciato dopo una zona a bassa pendenza, comincia a farsi più ripido e ad attraversare dei ghiaioni, anche piuttosto instabili a volte; qui la fatica non manca, ma lo spettacolo sulle pareti sovrastanti e sulla retrostante Marmolada, che ogni tanto fa capolino fra le nubi, è davvero appagante. 
 Il Passo Pordoi. Sullo sfondo il Gruppo della Marmolada
 Gran Vernel a destra e Marmolara sulla sinistra
 Marmolada e Gran Vernel
Marmolada - Punta Penia
Sulle pareti è impegnata una cordata di rocciatori. Il traffico sul sentiero non è molto, solo qualche gruppetto, sia in salita che in discesa, spesso stranieri. 


 Scorci lungo la salita

 Selfie con Marmolada sullo sfondo
Rocciatori impegnati sulle pareti del Sass Pordoi

Il traffico aumento notevolmente appena arrivato alla Forcella, dove arrivano anche i turisti che hanno usufruito della cabinovia per il Rifugio Maria al Sass Pordoi. 
 Il Valon del Fos
 Il Piz Boè
Avviandosi verso la cima

Seguo dapprima il sentiero 627 e poi prendo la deviazione per il 638 che conduce alla cima del Piz Boè con qualche breve e facile tratto dotato di cavo di acciaio; non indosso l'imbrago, i passaggi sono davvero semplici e poco esposti, l'assicurazione è da consigliare solo ai neofiti. 
Facili roccette attrezzate
La cima del Piz Boè è davvero deturpata dalle installazioni umane, nonché da una pletora di turistacci rumorosi, per cui mi trattengo pochissimo e mi dirigo verso le altre cime, che so essere molto meno frequentate, lungo il segnavia 672. 

 L'affollata cima
La cima del Piz Boè dalla Cresta Strenta


Scorci dalla Cresta Strenta
La dorsale della Cresta Strenta è panoramica e interessante, ma priva di una vera e propria cima isolata, per cui anche qui non mi fermo a lungo e proseguo, sempre godendomi il paesaggio quando le nubi lo permettono. Il percorso è ora in discesa e richiede un minimo di attenzione in qualche passaggio. Si giunge quindi alla forcelletta fra Cresta Strenta e Piz  Léch Dlacé e si affronta la salitella di quest'ultima, anch'essa facile. Stavolta faccio una piccola sosta per ammirare il paesaggio, davvero stupendo verso la Val Mesdì, con le vette di Sass de Medsì, Bech de Mesdì e Dent de Mesdì a rubare la scena e a rapire lo sguardo.
 Val Mesdì.....
.... con le cime che la sovrastano
Selfie di cima
Ho raggiunto le tre vette da oltre 3000 m del Gruppo del Sella che mi ero prefissato, per cui si rientra, ma facendo un percorso differente al ritorno, ovvero scendendo direttamente dalla forcelletta verso ovest e nord-ovest i direzione del Rifugio Boè, dove vedo una calca irreale e a cui ovviamente decido di non avvicinarmi, rientrando direttamente sul segnavia 627 di nuovo verso la Forcella Pordoi. Faccio però una piccola pausa per rifocillarmi e per dare una sguardo alle rocce a caccia di minerali.
Cristalli in un anfratto
Nel tratto fra Rifugio Boè e Forcella Pordoi si vedono le comitive più improbabili: vecchie signore aristocratiche con cagnolino al seguito, gruppetti eterogenei assolutamente non attrezzati, ragazze in pantaloncini corti e infradito (quando c'è il sole in effetti fa calduccio) e signori con i sandali. Un signore in pantaloncini e sandali mi chiede spaesato cosa ci sia più avanti. Davvero incredibile che persone totalmente digiune di montagne si avventurino così sprovveduti sui sentieri, senza nemmeno sapere "cosa ci sia dopo". Cosa farebbero queste persone in caso di cambio repentino del tempo, come spesso accade a tremila metri?. Perplesso continuo il mio cammino e mi butto in picchiata nei ghiaioni oltre la Forcella Pordoi fino al rientro al Passo Pordoi. Una facile escursione, adatta come prima escursione in quota per i non avvezzi, da sconsigliare a chi ama la solitudine lungo i sentieri, ma che comunque regala scorci davvero belli e suggestivi. 
Alla prossima!

lunedì 27 marzo 2017

Ferrata Madonnina del Coren alla Corna Camoscera

Dopo un lunghissimo silenzio torno finalmente a pubblicare il resoconto di un'escursione e lo faccio, come spesso è accaduto in passato, sfruttando la mia permanenza in Italia settentrionale per lavoro.
Mi trovo alloggiato a San Pellegrino Terme, in Val Brembana e so, dalle mie precedenti ricerche, che non lontano c'è una via ferrata non difficile e non troppo lunga, che posso affrontare in mezza giornata. Sabato mattina il tempo è bello e fatta colazione in albergo parto alla volta di Cavaglia, un pittoresco borghetto abbarbicato sui fianchi della Valle Brembilla, poco a nord di Bergamo.
Il borgo è così piccolo che i parcheggi sono praticamente inesistenti; parcheggio lato strada in un tratto più largo della banchina. Sono il primo a salire da queste parti, non ci sono altre macchine posteggiate, anche se non è presto, sono già le nove del mattino. Il luogo è pittoresco e calmo, molto agreste.
I campi di Cavaglia
Preparo lo zaino, piuttosto smilzo, metto gli scarponi e via, bestemmiando per aver dimenticato i pantaloni leggeri da trekking, che ho lasciato a casa, mentre sono costretto a utilizzare dei pantaloni da lavoro, decisamente caldi per la giornata solatia. Dalla strada asfaltata si prende subito a sinistra per una scaletta che permette di attraversare Cavaglia e scoprire una bellissima casa tradizionale in pietra e legno.
La bella casa tradizionale
Il sentiero si inoltra, (dopo una brevissima e sconnessa discesa) nel bosco alle spalle del borgo risalendo il versante in maniera piuttosto regolare, senza tratti eccessivamente ripidi. Da qui lo scorcio su Cavaglia è davvero bello.
Il dolce tratto di sentiero alle spalle di Cavaglia
Il borgo di Cavaglia visto dal sentiero
Un primo bivio divide il sentiero che a destra sale al Rifugio Lupi e a sinistra porta alla Ferrata del Coren e alla via Normale alla Corna Camoscera; io vado a sinistra. Alle mie spalle sale un ragazzo con due cani, Li lascio passare scambiando convenevoli col ragazzo: fa caldo, ci siamo tolti la felpa entrambi. continuo a salire scattando qualche foto e in mezz'ora arrivo a un altro bivio: a destra si va per la via Normale, mentre a sinistra si va alla ferrata, qui indicata come sentiero attrezzato. 
Scorcio verso nord
La Corna Camoscera
Prendo a sinistra e continuo a salire, stavolta in maniera più ripida e dopo pochi minuti arrivo all'attacco della ferrata. Ho impiegato, con passo piuttosto rilassato e svariate fermate a far foto, 40 minuti dalla macchina. Vestizione: imbrago, set da ferrata, guanti, casco. 
Attacco della ferrata
Si parte con percorso obliquo verso destra, su terreno non difficile, lungo una serie di fessure-camino ampie, talvolta con fondo parzialmente terroso e scivoloso. La salita in tutto il primo tratto è abbastanza facile, ma in ombra. 


Passaggi della prima parte della ferrata
Dopo la lunga ascesa a destra si esce in una zona in cui la parete prende più sole e si attacca una sorta di spigolo leggermente coricato, davvero divertente da salire, con difficoltà contenute, che invitano a ad arrampicare direttamente la roccia senza mai toccar la catena se non per passare i moschettoni di sicurezza. 

Fasi di salita sullo spigoletto
Alla fine di questa sezione un tratto di camminata libera conduce verso la parte più tecnica del percorso, che pur non difficile e poco esposta, non è da consigliare ai neofiti. 


L'ingresso della grotta

Si entra nella stretta grotta della madonnina del Coren, da salire in parte con tecnica di opposizione e qualche movimento non proprio banale.

Passaggi nella stretta grotta

Dal pulpito di uscita della grotta scorgo un paio di persone che si avvicinano a buon ritmo. All'uscita della grotta un altro camino con qualche passaggio lievemente ostico conduce alla paretina finale.

I camini di uscita dalla grotta
Dalla fine del camino vedo già la coppia alla base, stanno salendo velocissimi, come cavolo faranno?. Cerco di accelerare per evitare di ingolfarci sulla via, dovrei farli passare, ma poi mi ritroverei potenzialmente sotto il tiro di qualche sasso smosso, quindi vado su senza tanti complimenti di forza lungo la catena e poco dopo mi trovo in cima al pilastrino. 
In cima alla ferrata, fuori dalle difficoltà

La via ferrata è finita, pochi passi e sono in cima alla Corna Camoscera, con l'immancabile croce di vetta, compensata da un bellissimo panorama. 
 Castel Regina
 Croce di cima
Dalla cima verso il Pizzo Arera

Dopo pochi minuti, giusto il tempo di togliermi di dosso l'attrezzatura, arriva la coppia che mi seguiva, due signori intorno ai 55-60 anni; non hanno imbraghi o altro, solo i guanti, sono saliti senza protezione lungo la ferrata, per questo erano così veloci, devono essere parecchio in gamba, ma anche poco prudenti. Due rapide chiacchiere, una barretta al cioccolato e si prosegue verso la cima di Castel Regina, la cima principale di cui la Corna Camoscera forma una sorta di spalla e da cui è separata da una netta insellatura. La discesa all'insenatura è piuttosto insidiosa e ci sono un paio di corti tratti attrezzati con cavo metallico e una scala in ferro; per i neofiti è conveniente indossare l'imbragatura anche in questo tratto. 
Scaletta nella discesa dalla cima
Raggiungo l'insellatura e seguo il sentiero 596, dove incrocio nuovamente la coppia di prima, stavolta insieme a un gruppetto di vispi e gioviali anzianotti, che si scambiano battute. 
La Corna Camoscera salendo a Castel Regina

Il sentiero porta sulla Cresta della dorsale che unisce Castel Regina e Pizzo Cerro e con una variante porta in Cima a Castel regina, alla quota di 1424 m, massima quota delle giornata. La giornata non è delle più limpide, ma il panorama è comunque bellissimo, con il Pizzo Arera in evidenza. 

Panorama verso la Val Brembana e il Pizzo Arera
Il Pizzo Arera

Comincia quindi la lunga discesa, che faccio lungo il sentiero 596 per effettuare un anello; la prima parte percorre interamente la cresta e dopo aver passato il Rifugio Lupi, si svolta a destra in una selletta con quadrivio, con indicazione Cavaglia. Ora il sentiero scende obliquando, a tratti attraversando bei boschetti di noccioli e ameni prati, mentre più in basso si incontrano tratti più ripidi e sconnessi. 

Piacevoli tratti in discesa
Infine rientro a Cavaglia alle ore 13, per complessive 4 ore di cammino, di cui la metà per arrivare in cima alla ferrata e l'altra metà per raggiungere la cima di Castel Regina e per compiere il periplo del ritorno. Una escursione breve, molto gradevole e appagante, che unisce la bellezza dei borghi, la prestazione sportiva della ferrata e il trekking. 
Per chi volesse avere maggiori informazioni sulla ferrata rimando all'ottimo link di vie ferrate.it: http://www.vieferrate.it/pag-relazioni/lombardia/52-alpi-orobie/77-madonnina-del-coren.html
Segnalo anche l'ottimo servizio del CAI di Bergamo per la documentazione sentieristica e per la geolocalizzazione http://geoportale.caibergamo.it/
Buona escursione!