domenica 25 marzo 2012

Dolcedorme - versante sud - Via Pietra Colonna

Sabato 24 marzo riesco finalmente, dopo quasi un mese, a ritornare in montagna, stavolta sono deciso però a pernottare, nella speranza di provare la tenda ed il sacco a pelo nuovi. Certo, nei giorni precedenti il tempo è stato decisamente troppo caldo, ma non posso sottilizzare troppo altrimenti in montagna non ci andrei mai. La sera prima preparo lo zaino con tutto l'occorrente per l'intera giornata di sabato e per mezza giornata di domenica; naturalmente anche stavolta vado da solo. Il programma teorico è parecchio ambizioso: salire dal versante meridionale della Serra Dolcedorme, scendere al versante opposto e l'indomani salire dal versante orientale la Serra delle Ciavole. Naturalmente i desiderata rimarranno tali. Come al solito in questi casi sveglia presto (le 3.00), preparativi e poi via in autostrada; gli occhi mi si chiudono. Arrivo a Valle Piana, solita località di partenza per tutti gli itinerari per il versante meridionale di Serra Dolcedorme, che è già giorno, e fa decisamente caldo, 7-8°C, brutto segno. Mi incammino sul sentiero che risale dapprima il fosso di Valle Piana, in comune ai due sentieri che vanno ai dirupi di Celsa Bianca ed al Pollino a sinistra e a Timpone Campanaro ed al Vallone di Faggio Grosso a destra; prendo il sentiero di destra e intanto comincio a guadagnare quota. la Salita al Dolcedorme da Valle Piana è l'itinerario escursionistico in Calabria di  maggiore dislivello, partendo da quota 900 per arrivare ai 2267 m della cima, per oltre 1350 m di dislivello.

Il Docedorme visto da Valle Piana
La salita è piuttosto faticosa e lo zaino è davvero pesante (tornato a casa poi lo peserò: 22 kg!). La prima parte è tutta su sentiero discretamente segnato, anche se i tanti alberi abbattuti spesso lo interrompono. Si sale costantemente fino ai 1300 m del passo di Pietra della Sentinella, dove un breve tratto di falsopiano conduce alla parte finale del canalone che scende dal Vallone del Faggio Grosso; qui abbandono il sentiero e continuo al centro del canalone, tutto ingombro di ghiaie e blocchi calcarei. A tratti comincia a comparire la neve. Dopo aver dubitato un poco sull'attacco del canalone che ho intenzione di risalire, edopo aver individuato un curioso albero, finalmente individuo quella che certamente è la via giusta: un canale dapprima ampio e che verso l'alto si restringe visibilmente.
Pino "curioso"
Appena comincia a risalirlo però mi viene subito un brivido: stò risalendo lungo una valanga, la neve, in parte dura, è disseminata di rami, tronchi e blocchi di roccia di discrete dimensioni.
Il caldo di questi giorni ha reso le notevoli masse nevose che si erano accumulate molto instabili; non è certo un buon viatico.
Lingua terminale della valanga, un evento raro sul Pollino
Continuo a risalire, ma in maniera molto guardinga e poco dopo sento un tonfo seguito da un rotolio e da rumore di rami: sopra di, ma a sinistra rispetto alla mia verticale, si è staccato un blocco grosso quasi come una lavatrice che alla fine si è fermato contro degli alberi...... Intorno a circa 1650 m ormai la neve è dura abbastanza da dover usare i ramponi e mi fermo a calzarli, ma appena mi fermo alla mia sinistra, in lontananza, sento uno scrosciare di alberi rotti e di blocchi e detrito in movimento, stavolta era qualcosa di veramente grosso; metto anche il casco. Intanto anche nel mio canalone dall'alto cominciano a venire giù sassi, fra cui uno grosso come un pallone, che vedo rotolare a pochimetri da me. Stavolta sto rischiando davvero grosso; cerco di evitare quando possibile il centro del canale, più esposto alle scariche. Supero un primo crepaccetto ed un passaggetto di misto; la copertura nevosa è scarsa e mette in mostra le difficoltà. Le scariche continuano e ad un certo punto sento un rotolio plurimo: guardo verso lato e vedo tre o quattro pietroni ed una palla di neve, i pietroni vanno a sinistra, mentre la palla di neve mi centra in pieno: nessun danno. Continuo con una certa ansia e mi trovo sotto la parte in cui il canalone viene sbarrato da un passaggio decisamente troppo difficile, che nessuno ha mai percorso. Devo superare una zona assai crepacciata ed insidiosa, e poi abbando il canale spostandomi a sinistra. Non prendo però il solito canalino a sinistra; ormai i canali sono troppo pericolosi e le pietre troppo numerose. salgo direttamente su una pendice rocciosa a sinistra, con qualche passaggetto di I grado e poi un canale secondario che sembra esente da scariche. Adesso sono proprio sotto le imponenti pareti della Bocca del Dolcedorme e alla sinistra ci sono i Denti del Dolcedorme, molto suggestivi.
Versante meridionale e Bocca del Dolcedorme
Denti del Dolcedorme
Altra vista con luce migliore
Mi ricollego quindi con il canale principale poco prima del caratteristico torrione detto Pietra Colonna, che dà il nome alla via.
Il torrione di Pietra Colonna
Pietra Colonna ed Agostino (fate un pò voi chi è più tosto)
Da qui in poi il percorso è abbastanza sicuro, ma diventa molto ripido, supero un crepaccio trasversale passando su roccia a sinistra e d'un tratto comincia a nevischiare, continuo su pendio dapprima a 50° e successivamente fino a 55-60° all'uscita del canale.
Fuga di strati
 Tutta l'ultima parte è veramente bellissima ed alpinisticamente valida; un crepaccetto finale mi costringe ad un ultimo piccolo traverso a destra su roccia.
L'uscita dal ripido canalino finale
Uscito dal canalino la pendenza e le difficoltà diminuiscono, 40-45°, e dopo un poco spunto sulla cresta a 2230 m di quota, e dopo pochi minuti sono in vetta. Che mi risulti, ma non posso esserne certo, penso che la mia sia la prima salita in solitaria della Via Pietra Colonna.
In vetta, sulla sfondo Serra Crispo
Sempre in vetta, con il Pollino sullo sfondo
Ho camminato e scalato per ben sette ore. Il programma originario di certo non posso farlo, fa troppo caldo e come ho avuto modo di constatare è troppo pericoloso infilarsi in ripidi canaloni, decido quindi di rinunciare alla salita del giorno dopo a Serra delle Ciavole e mi dirigo verso la discesa. Ormai nevica a tratti e dal versante lucano vengono delle nubi veramente minacciose......, decido quindi di scendere lungo la cresta est per avvicinarmi alla discesa e trovare un posto per bivaccare la notte. Trovo un posto che mi pare discreto alla testata della valle del Faggio Grosso, a quota 2060 m, ; un primo spiazzo che avevo scelto lo scarto dopo osservato delle preoccupanti fratture che indicano un possibile distacco, e mi sistemo su uno spiazzetto in cresta su un'area che mi pare tranquilla sul filo di cresta. Non ho mai dormito così in alto in Appennino, e solo al Bivacco Minazio, in Dolomiti, avevo dormito più in alto (2292 m). Monto la tenda, prima il sovratelo, che fisso con quello che ho, piccozze, bastoncini, chiodi da ghiaccio ed un paio di picchetti. Il tutto mi pare abbastanza solido, comunque sulle falde posiziono dei blocchi di neve pressata per dare maggiore stabilità e resistenza al vento, che qui in cresta potrebbe essere forte. Monto quindi la tenda interna e mi sistemo all'interno con tutta l'attrezzatura.
Il campo montato sulla cresta a 2060 m, con vista verso la cima
Sullo sfondo Serra delle Ciavole
 Fuori intanto il vento si fa sentire ed a tratti nevica: si sente picchiettare forte sul telo della tenda. Intanto mi preparo sul fornelletto a gas una zuppa di fagioli e mi infilo nel sacco a pelo.
Si cuoce la zuppa di fagioli
L'interno della Tenda
La temperatura è comunque alta (4°C), e quindi nel sacco mi infilo solamente in mutande e maglietta!, il sacco che ho dietro è adatto a ben altre temperature. Passano ore di ozio fino alla cena, in cui sento il vento e la neve sulla tenda, che comunque non fa una piega. Per cena minestrina da reidratare, accettabile direi, anche se peggiore dei fagioli. Alle 9 si va ufficialmente a dormire, e la notte passa fra tratti di sonno e tratti di veglia in cui rimugino sulla bontà della tenuta degli ancoraggi della tenda; non riesco a non pensare ad esempio che se il vento sganciasse la tenda farei 300-400 m di caduta fino agli alberi dei versanti sottostanti. Scaccio questo pensiero: gli ancoraggi sono ben fatti ed il vento, in verità forte, finora non ha smosso minimamente la tenda. Al mattino mi sveglio con la luce all'interno della tenda e dò uno sguardo fuori dall'oblò della tenda: nuvolacce e nevischio; all'interno della tenda ci sono 0,5°C, fuori -0,5°C. Aspetto che migliori per smontare la tenda ed intanto faccio colazione.
Al mattino un poco di neve sulla tenda che il vento non ha spazzato via 
Appena si apre un poco smonto tutto, calzo i ramponi e comincio a scendere, perdendo quota rapidamente. Discendo tutta la Valle del Faggio Grosso e trovo delle belle tracce di sentiero che in breve mi portano sul sentiero percorso in salita. Anche stamattina, nonostante faccia un poco più freddo, sento un gran fragore di sassi rotolanti e alberi spezzati a circa 150-200 m da me, dura diversi secondi. Decisamente con queste temperature non sono zone consigliabili salite in questa zona. In tutto il percorso, dall'inizio alla fine, non ho visto uno solo resto, carta, plastica o altro, di produzione umana; una zona miracolosamete sfuggita, grazie al suo essere impervia e difficilmente percorribile, alla distruzione del turismo di massa e riservata agli escursionisti più motivati e rispettosi, un piccolo angolo di wilderness ancora intatta. Nel complesso si tratta di una salita magnifica ed impegnativa fisicamente, certamente la più difficile fra quelle che ho percorso per la cima del Dolcedorme, assolutamente da evitare con tempo non freddo per i pericoli oggettivi del percorso.

Vista complessiva: in giallo la via di salita (Pietra Colonna), a destra con il triangolo il bivacco ed in magenta la via di discesa lungo il vallone del Faggio Grosso
Dettaglio del percorso di salita della via Pietra Colonna seguito (II, 60° max, AD+)