lunedì 19 agosto 2013

Monte Civetta - Via normale

Come scritto nel post precedente dopo aver salito Nuvolau ed Averau mi sposto verso il Monte Civetta, che ho intenzione di salire per la via normale da Pecol. Trovo un posto discreto dove dormire in macchina proprio nel parcheggio dove c’è il divieto di accesso alla stradella forestale da cui si accede al sentiero 587 che dovrò seguire la mattina successiva per arrivare all'attacco della via normale.
Una bella casa in legno a Pecol, vicino al parcheggio in cui ho dormito
La notte è fresca, stellata, e preannuncia una bellissima giornata. Metto la sveglia per le 5.00, voglio partire presto perché la salita è molto lunga, con 1800 m di dislivello in salita ed altrettanti in discesa, e poi perché nel pomeriggio potrebbero esserci dei temporali. Inoltre mi devo spostare verso il gruppo del Monte Rosa. Dopo una frugale colazione mi avvio per la stradella forestale in leggera salita e poi sul più ripido sentiero che conduce al Col Grant dove si incrocia il sentiero Tivan.
Le cime secondarie del Civetta nell'ombra mattutina
Si sale dapprima in un bellissimo bosco di abeti rossi e larici, quindi in una macchia di pini mughi, spesso curvi e a volte spezzati da frane e valanghe.
 
Fra luci ed ombre
Piena luce sul Civetta
Dopo il Col Grant il sentiero, ormai fuori dal bosco, comincia a divenire più sassoso e faticoso, ma lo spettacolo sulle cime secondarie del Civetta e sul retrostante Pelmo è maestoso; quest’ultimo merita veramente l’appellativo di “Caregon del Padreterno”. Per tutti il tratto non ho incontrato nessuno; partire presto è stata una buona idea.
Nella zona a destra delle pareti giallastre al centro corre la via normale
Continuo a salire verso i ghiaioni che precedono l'inizio della parte attrezzata e volgo spesso lo sguardo verso la parete a studiare l'itinerario, pensando che certamente la via percorre una zona centrale della parete chi mi sembra appoggiata e niente affatto verticale.
Il sole intanto comincia a salire ed a riscaldare parecchio; bevo spesso, ma poco, il camel bag è un'ottima trovata. quando arrivo vicino alle pareti vedo due persone che stanno per attraversare il piccolo nevaio che precede l'inizio della via normale, mi precedono di venti minuti circa, mentre in basso vedo un altro escursionista che mi segue a passo veramente rapido e che in breve mi raggiunge e sorpassa, veramente in gamba. La salita lungo il ghiaione alla base delle pareti è dura, spesso si scivola per l'instabilità della pietraia.
Bella fioritura nel ghiaione
Intanto arrivo pure io al nevaio, che attraverso facilmente anche senza ramponi e mi porto alla base della parete in cui inizia la via normale.
Verso l'attacco
La prima difficoltà è rappresentata dal vuoto da disgelo presente fra il nevaio e la base della parete, con una prua niente affatto sicura di neve dura che si protende verso le rocce, ma che non è proprio il caso di approcciare, pena un quasi sicuro volo nel vuoto di qualche metro.
 
 L'attacco della via normale con la prua di neve staccata
 
Decidiamo insieme all'escursionista che mi precedeva e che adesso ho raggiunto, di andare su roccia un poco più in basso, dove il distacco neve-roccia è minore e si arriva sulla parete di roccia con un saltino di pochi decimetri. effettuato il salto con circospezione indosso l'imbrago e posiziono il kit da ferrata; lunghi tratti della via normale sono infatti attrezzati con cavo metallico e si tratta di una ferrata vera e propria, anche se inframmezzata da tratti non attrezzati, talora non proprio banalissimi. Il primo tratto attrezzato è dato da una successione di placche inclinate, molto estetiche e talora discretamente esposte; l'ambiente è severo e affascinante, la salita entusiasmante.
Prima parte del tratto attrezzato subito dopo il nevaio
Dopo il primo tratto attrezzato segue un'ampia zona detritica con tracce di sentiero che a volte si intersecano e che a volte si perdono. Dopo tale facile zona si presenta un'altra zona caratterizzata da tratti attrezzati su cenge inclinate (fra cui il famoso Passo del Tenente) e pacche molto ripide, cui segue nuovamente una zona detritica.
Placche ripide del secondo tratto


Mi faccio qualche foto mentre salgo sulle placche ripide
Si arriva quindi ad un'altra area con tratti ripidi, alcuni quasi verticali, dove incontro qualche comitiva in discesa dal rifugio Torrani. La salita segue fra un alternarsi divertente di tratti attrezzati con cavo metallico ad altri solo segnati dai bolli rossi, che spesso comunque non è facile seguire. Spesso mi ritrovo nei tratti attrezzati con l'escursionista incontrato all'attacco, con il quale ogni tanto scambio qualche impressione.  
 Il Pelmo con Pecol ai suoi piedi; io vengo da lì
Nei pressi del Torrani verso il Van delle Sasse, la cima delle Sasse ed in fondo la Moiazza
Ora comincio ad essere abbastanza in quota, lo vedo dal dirimpettaio Pelmo, e dopo aver zigzagato ancora per pendii ripidi e zone detritiche arrivo finalmente in vista del rifugio Torrani, circa 250 m al di sotto della vetta. Da qui la vista verso il gruppo della Moiazza è veramente affascinante. Ai tavoli del rifugio una coppia che mi pare della Repubblica Ceca è seduta ad un tavolo intenta a mangiare un boccone. da qui invetta il percorso è quasi tutto non attrezzato, ma molto pericoloso per il rischio di scivolate sulle rocce ripide, spesso ricoperte di detrito molto instabile. Passo vicino ad un vecchio pilastrino geodetico e dopo le ultime fatiche sono finalmente in vetta al monte Civetta. In cima mi attende un corvo, molto fieronella sua posa, che si lascia fotografare e successivamente verrà a mangiare qualche pezzo di crackers.
 
 La croce di vetta
 Il corvo
 Il corvo domina sul Van delle Sasse
In vetta
 
 Con la sedia invisibile
 Verso la Cima De Gasperi e la Cima Su Alto
 Agordo ed il suo lago; di fronte la frana che ha generato il lago
 
La vista da quassù è vertiginosa, a un passo si apre il terrificante baratro della parete nord-ovest, alta 1200 m, su cui sono state scritte pagine indimenticabili della storia dell'alpinismo e su cui la via "più facile" è la prima via di VI grado, aperta da Solleder e Lettenbauer nel 1925.
L'impressionante muraglia della parete nord-ovest vista dalla zona di Agordo
Oggi è il 6 agosto e appena me ne rendo conto mentre apro la scatola metallica con il libro di vetta, mi viene naturale dedicare la salita alle vittime della bomba di Hiroshima. Poco dopo di me arrivano in cima anche i cechi (presunti) che avevo incrociato al Torrani. Io intanto faccio qualche foto alla meraviglia che ho intorno nonchè il classico autoscatto in cima, ma stavolta insieme al corvo. Mi sento veramente soddisfatto. Dalla partenza a Pecol fino alla cima ho impiegato cinque ore e mezza, un tempo discreto, ma fatto in assoluta calma e godendomi tutti i momenti della salita. Da qui è particolarmente impressionante da vista su Agordo ed il suo lago di sbarramento; la frana che lo ha generato si individua benissimo, la vedrebbe pure un cieco, non ci vuole certo l'occhio del geologo. Certo è che se anche una frana di minore entità della precedente si abbattesse nella stessa zona di certo buona parte di Agordo sarebbe spazzata via.
Frana ben visibile a tutti
Mangio qualcosa in cima e dopo un poco arriva un gruppo di ferratisti saliti dalla ferrata degli Alleghesi, sembrano tutti in gamba. Un ultimo sguardo al superbo panorama e mi avvio per la discesa, preceduto di poco dai cechi. Il tratto fino al Torrani in discesa è abbastanza infido e faccio molta attenzione, non vorrei beccarmi una scivolata, soprattutto nelle zona in cui il sentiero passa vicino al ciglio di un simpatico burrone. I tratti in discesa li affronto con tranquillità, non c'è nessuno, si scende rapidamente, anche se in qualche tratto bisogna stare attenti a seguire il percorso migliore e si rischia spesso di andare fuori tracciato. nella parte bassa. Infine arrivo all'attacco della via, tolgo l'imbrago e effettuo a ritroso il salto sul nevaio. Mi attende ora la lunga discesa sulla pietraia e poi nel tratto boscato; nella pietraia ad un certo punto scelgo, per evitare un tratto che mi sembra troppo instabile, di passare su un grosso blocco liscio con un poco di ghiaietto sopra: scelta veramente infausta, scivolo immediatamente e prendo un bel volo con sedere a terra e testa all'indietro, fortunatamente sono riuscito a mettere la mano destra a terra e il polso ha tenuto. Non mi sono fatto nulla, ma il volo è stato spettacolare. La discesa mi pare veramente interminabile, anche se sto scendendo abbastanza rapidamente, ma verso la fine della discesa finisco l'acqua che avevo portato, circa 2,5 l, e accelero ancora. In tre ore e mezza dalla cima finisco la discesa ed arrivo alla macchina, dove finalmente bevo abbondantemente. Mi cambio completamente, faccio il pieno di acqua alla fontana pubblica in thermos e bottiglie varie e lascio la stupenda area dolomitica per dirigermi verso l'ultima tappa di queste ferie agostane, il gruppo del Monte Rosa, su cui relazionerò nel prossimo post.
Ecco il tracciato approssimativo della via normale visto dal basso.

 

domenica 18 agosto 2013

Prime ferrate in Dolomiti - Nuvolau ed Averau

Per l'estate 2013 mi pongo l'obiettivo di salire qualche 4000 in Alpi e di approcciare al mondo dolomitico attaverso qualche ferrata e/o via normale. Per le Dolomiti scelgo di affontare i facili Nuvolau ed Averau, che hanno un accesso alla vetta abbastanza semplice per mezzo di alcuni tratti attrezzati. Ritengo che sia un buon approccio in vista di salite un poco più impegnative (via normale al Civetta) e un discreto acclimatamento per  le alte quote da affontare nei giorni successivi nel gruppo del Monte Rosa. Come quasi sempre accade parto da solo da Cosenza ed il primo pernottamento penso di farlo nella zona del Passo di Giau. Il viaggio è abbastanza tranquillo, poco traffico, meteo stabile. Arrivo in zona in serata e mi scelgo uno slargo poco sottostante il Passo di Giau intorno ai 2150 m per passare la notte in macchina; il dormire in macchina sarà una costante di tutte le nottate per risparmiare qualche soldo. La notte un temporale violentissimo si abbatte su tutta la zona e grandina terribilmente: sembra che il parabrezza si debba rompere da un momento all'altro; speriamo che almeno domani mattina il tempo sia buono!. In effetti gà nella seconda parte della notte spunta un bel cielo stellato.
Il gruppo dell'Averau al levar del sole dal posteggio in cui ho dormito
La Ra Gusela dal sentiero sopra il Passo di Giau
Ancora la Ra Gusela
L'indomani mattina il tempo infatti è splendido, porto l'auto al parcheggio del sovrastante Passo e mi avvio per la ferrata della Ra Gusela, che dà l'accesso all'altopiano del Nuvolau. Dopo i primi minuti di cammino però il sentiero indicato dalla carta che ho stampato da internet mi porta in una zona dove dice "chiuso", eppure la ferrata dovrebbe percorrere l'evidente canalone che mi si presenta davanti!; decido di andare ancora in direzione nord-est aggirando la Ra Gusela e seguendo un segnale che indica "ferrata", mah!, in effetti comunque il sentiero adesso è molto netto e ben tracciato e dopo un poco mi ritrovo all'attacco della ferrata. In effetti a posteriori saprò che l'originario tratto di ferrata era stato chiuso a causa di frane e riattrezzato nella posizione che ho trovato io.
 
Tofana di Rozes e Cinque Torri dal sentiero di accesso alla ferrata
Indosso l'imbrago ed il set da ferrata e parto. Il primo tratto è semplicissimo, in orizzontale su larga cengia e il cavo non lo uso affatto, segue poi un tratto in diagonale ascendente, ripido, ma anch'esso facile, in cui uso delle scalette solo perchè impacciano il cammino.
L'intera ferrata con il primo facile tratto e l'ultimo in alto, più ripido
La grandine della notte precedente all'attacco della ferrata; notare le dimensioni nonostante siano passate parecchie ore
Il tratto ripido della ferrata, comunque non impegnativo
Nella parte alta incontro una coppia di inglesi che scendono senza attrezzatura, cosa che mi pare poco indicata. Dalla fine di questo primo tratto di ferrata vedo il rifugio in vetta al Nuvolau, che si raggiunge facendo un arco verso sinistra per il sentiero segnato e tralasciando sempre a sinistra le tracce che portano verso la cima della Ra Gusela.
Il rifugio in cima al Nuvolau, da cui si accede dalla cresta di sinistra, mentre a destra si nota l'Averau
 La Marmolada dalla cresta del Nuvolau
L'ombrosa parete nord-ovest del Civetta
In breve arrivo alla crestina di vetta, anch'essa attrezzata con cavi e scaletta, ma piuttosto facili, ed in breve arrivo sulla vetta del Nuvolau in cui è posto l'omonimo rifugio.
 
 Il tratto di cresta attrezzato che porta in cima al Nuvolau
Dalla cima del Nuvolau: l'Averau e l'omonimo rifugio al centro in basso.
Il Gruppo di Fanis
Al rifugio ci si prepara ad accogliere i turisti che a frotte fra poco arriveranno dal Rifugio Averau per il comodo sentiero che io percorro in discesa; vedo diverse bottiglie di prosecco infilate nel ghiaccio, però!, che rifugio mondano!. Comunque la vista è stupenda e spazia su tutti i principali gruppi dolomitici; particolarmente impressionante la vista sulla Tofana di Rozes e sulla Croda da Lago. Dopo una breve pausa scendo verso il Rifugio Averau da cui parte la traccia che porta all'inizio della ferrata dell'Averau.
La cinque torri con Cortina a destra
Rifugio Nuvolau ed autore
Qui c'è parecchia gente salita prevalentemente da Cortina, da cui si accede con larga strada sterrata e impianti di risalita; comunque molti si fermano semplicemente a gozzovigliare al rifugio. Imbocco il sentiero a mezza costa e in pochi minuti, con una rampetta finale un poco ripida e ghiaiosa, sono all'attacco della ferrata, dove un paio di ragazzi si apprestano a salire la paretina.
Il Nuvolau con il rifugio appollaiato in cima visto dal fianco dell'Averau
La ferrata è breve ma ripida, con un primo settore inzialmente quasi verticale e poi un poco appoggiato di circa 30 m, cui segue un tratto orizzontale facile ed ultimo tratto ripido di pochi metri; tutto emozionante, molto bello anche se breve.

Vista dal basso della prima parte della ferrata dell'Averau

Sulla ferrata dell'Averau
All'uscita della ferrata si sale serpeggiando fra le rocce con alcuni tratti un poco ripidi, ma sicuri; sale anche una coppia di tedeschi (o austriaci?) con un bimbo di circa 7 anni, che bravi!.
Bimbo e mamma in salita
Vetta dell'Averau

 Sulla cima dell'Averau; sullo sfondo il Pelmo
In cima: sguardo verso il gruppo delle Tofane
In circa 15-20 minuti sono alla croce di vetta, oltremodo panoramica, dove scatto qualche foto alla solatia Tofana di Rozes e all'ombrosa Civetta. Firmo anche il libro di vetta, il mio primo sulle dolomiti, protetto dalle intemperie nella sua scatola metallica. In discesa mi rendo conto di due cose: le ferrate sono più difficili in discesa e bisogna attendere che un gruppo esca da un tratto prima di ingaggiarlo altrimenti si fa un gran casino. In ogni caso io rendo disponibile il cavo e dò sempre la precedenza a tutti i gruppi. Adesso devo solo percorrere il sentiero che mi riporta al passo di Giau facendo il giro dalla parte ovest del gruppo del Nuvolau; ora è pieno giorno e sui sentieri si vedono i gruppi più disparati, anche con cagnetti fighetti al seguito, mentre al passo di Giau c'è una vera invasione di motociclisti tedeschi e di camperisti che pranzano al rifugio.
 
 Lo sguardo spazia verso la Croda da Lago
Il Passo di Giau al ritorno, affolati di turisti
Io invece mi faccio sul fornelletto un pentolino di riso alla cantonese con aggiunta di tonno, non proprio buonissimo, ma per risparmiare va bene pure questo. Nel pomeriggio mi trasferisco verso Pecol, Zoldo Alto, dove cerco un buon posto nel bosco per andare in bagno (la natura chiama) e poi per passare la notte in vista della salita del giorno successivo, la via normale del Monte Civetta, molto più impegnativa, ma questo lo racconterò nel prossimo post.