giovedì 4 settembre 2014

Ferrata del Pliocenico - Rocca di Badolo

Sono nella zona di Bologna per lavoro, posso lasciar passare l'occasione di fare qualcosa oltre al solo lavoro?, ovviamente no!, breve ricerca e subito decisa una destinazione: la Rocca di Badolo, con la sua Ferrata del Pliocenico. La Rocca di Badolo è un bell'affioramento di arenarie plioceniche, in cui sono presenti tantissime vie di arrampicata sportiva di varia difficoltà, ed in cui è stata realizzata negli anni settanta l'unica via ferrata dell'Appennino Tosco-Emiliano.
Parte alta della Rocca di Badolo
Il mattino è dedicato al lavoro: due voli con il drone per fotogrammetria e rilievo GPS di supporto, quindi nel primo pomeriggio mi dirigo verso la Rocca di Badolo. Nel parcheggio dei tornanti sotto la Rocca ci sono già delle auto, altre persone sono presenti sulla parete, mi preparo con set da ferrata ed imbrago, non porto nient'altro. Salito il sentierino raggiungo l'attacco della ferrata, che si intuisce leggermente sulla destra, rappresentato da una rampetta obliqua a destra che conduce subito ad una scala addossata a un diedro. l'uscita è piuttosto ripida e con un bombamento molto esposto. 








Fasi di salita del primo tratto attrezzato
All'uscita di questo primo tratto incontro due ferratisti in discesa, che mi cedono cortesemente il passo. Segue un secondo tratto, più impegnativo del primo, in parte leggermente strapiombante, su cui bisogna impegnarsi muscolarmente. Gli appoggi per i piedi e qualche appiglio, sono spesso scavati nell'arenaria. L'esposizione nei tratti attrezzati è discreta, anche se il cavo è discontinuo per l'interruzione delle cenge, mentre il percorso è logico e bello, poco impegnativo, ma niente affatto banale. Oltrepasso la grande cengia della zona di arrampicata di Badolo Alto ed affronto gli ultimi tratti di ferrata, spostati sulla sinistra della parete, e arrivo al libro di vetta, che firmo, e subito dopo alla cima. 

 Selfie nell'ultimo tratto attrezzato
L'ultimo tratto attrezzato che conduce alla cima
In tutto ho impiegato circa 15-20 minuti, è stato molto bello, panoramico e discretamente adrenalinico per l'esposizione di alcuni tratti. 
 Panorama dalla vetta
Ecco laggiù l'auto
La discesa la faccio dal sentiero, talvolta scavato nell'arenaria, che conduce al piccolo santuario e poi riporta sulla strada provinciale; dopo questa simpatica e rapida digressione si parte quindi verso il rientro in Calabria.
 Santuario; alla sua sinistra si accede alle pareti di Badolo Alta

Il sentiero scavato nell'areanaria

martedì 2 settembre 2014

Larsec e Catinaccio d'Antermoia

Inizio agosto 2014: finalmente si parte nuovamente per l'arco alpino. Le intenzioni recitano almeno una vetta di 3000 m in dolomiti e una di 4000 in Valle d'Aosta, mentre le previsioni del tempo recitano tempo più o meno incerto per tutto il periodo con pochi momenti soleggiati. Si parte lo stesso, come sempre da solo, almeno 1-2 giorni dovrebbero essere accettabili. La prima destinazione scelta è il gruppo del Catinaccio, mentre nella seconda parte Gruppo del Monte Bianco o del Monte Rosa a seconda del meteo previsto. Partenza al solito presto, alle 4.45 sono già in macchina. Il viaggio fila via bene, il tempo è buono ed il traffico scarso, eccetto il solito tratto del Mugello. Arrivo tranquillamente a Pera di Fassa nel pomeriggio e prendo atto della logistica. impossibile parcheggiare un pò in quota, conviene lasciare l'auto alla partenza della seggiovia ed optare per la navetta o la seggiovia. Decido per la seggiovia, ma mi devo sbrigare, fra un pò chiuderanno gli impianti; mi preparo quindi in tutta fretta dimenticando varie cose, come avrò modo di constatare in seguito, ma almeno le cose essenziali riesco a ricordarle. Il piano d'azione prevede la salita del Sentiero delle Scalette, attrezzato, e il pernotto nella zona della Conca di Larsec, per poi salire qualche vetta il giorno seguente nella zona dei Dirupi di Larsec e con meta principale il Catinaccio d'Antermoia, da salire per la ferrata est, molto meno frequentata della ferrata ovest. Subìto il salasso della funivia mi rilasso guardando i Dirupi di Larsec, bellissimi. 
Primi sguardi verso i Dirupi di Larsec
Sguardo verso il Sass Pordoi

I dirupi dalla funivia

Altre vedute dei dirupi; nella seconda forcella da sinistra passa il sentiero delle Scalette

Scendo a Pian Peccei e mi dirigo a piedi verso Gardeccia e subito prima volto a destra per una scorciatoia che mi indicano i locali per raggiungere il Sentiero delle Scalette. 

 Il Catinaccio e le torri del Vajolet sulla destra
Verso il Sentiero delle Scalette

La prima parte è in piano od lieve salita, fino all'inizio del tratto attrezzato; qui è evidente che delle frane hanno imposto una variante al tracciato, che ha ora un inizio piuttosto aereo, con gradini metallici in traverso a destra, con discreta esposizione. 
 Panoramica della parte attrezzata
 La parte centrale del sentiero dopo il primo esposto settore
Eccomi in cammino sul sentiero
Si risale quindi la valle con una certa fatica (sono reduce da oltre 12 ore di guida) e mi capita di perdere la traccia, che in questa luce piatta del tardo pomeriggio a volte non si individua facilmente, e faccio l'errore di spostarmi a destra del ruscello guardando verso monte. Salgo almeno un centinaio di metri di dislivello in maniera errata seguendo labili tracce, ma mi rendo poi conto che non sarà più possibile ripassare a sinistra e mestamente e con apprensione torno indietro, comincia ad essere tardi e la zona è veramente sdrucciolevole, piena di ghiaino sulle rocce. Riprendo la traccia e continuo a salire, incrociando un gruppo di ragazzini con un ragazzo come guida; tornano indietro quando si rendono conto che non potranno mai fare a tempo il giro per rientrare a Gardeccia. La via è ora sicura, anche con cavi di acciaio pletorici, ma il fondo è roccioso, con diversi passaggi divertenti. 
 Pareti incombono a destra e sinistra del sentiero
 Ultime luci sulle cime del Larsec
 Passo delle Scalette
Cogolo di Larsec
Arrivo infine all'affascinante conca di Larsec, che negli anni umidi, come quello in corso, ospita un bel laghetto; ora si è alzato un discreto vento fresco, il cielo è piuttosto nuvoloso e in vari posti all'orizzonte si nota la pioggia; io sono piuttosto sudato, quindi trovo un ottimo angolo dove montare la mia piccola tenda e mi appresto alla cena. 
 Conca e lago di Larsec
La mia tendina nella conca di Larsec

Bivacco
Sono quasi le nove quando inizio il pasto, che comunque dura pochi minuti. Ora si cerca di dormire, ho alle spalle 1200 km in macchina più 600 m di dislivello a piedi e con lo zaino in spalla. nella notte sento ogni tanto le raffiche di vento che scuotono i teli delle tenda, ma sono tranquillo, ho un'ottima attrezzatura e dormo anche in mutande nonostante la quota. Al mattino il cielo è sereno e c'è un vento decisamente freddo, il sole illumina le vette circostanti con una belle luce rosata. 
 Luce del mattino
 Come non essere d'accordo?
La luce si amplia
Smonto il campo rapidamente e mi dirigo su per il selvaggio vallone di Lausa, mi lascio a destra lo Spiz dello Scarpello e la Crepa di Lausa Sud, fino ad arrivare al Passo di Lausa. qui decido di puntare alla Crepa di Lausa Nord tralasciando la Cima di Lausa, se ne avrò voglia la raggiungerò dopo aver effettuato la salita del Catinaccio d'Antermoia. 
 Vallone di Lausa
 Crepa di Lausa Nord
 Cima di Lausa e alle spalle il Catinaccio d'Antermoia
 Verso la Crepa di Lausa Nord
 Crepa di Lausa Sud vista dalla cima dell punta Nord
In vetta alla Crepa di Lausa Nord
Dal passo in 10-12 minuti raggiungo la Crepa di Lausa Nord (2766 m), con un meraviglioso cielo limpido che regala bellissime vedute su molti gruppi dolomitici, spesso ancora avvolti nella foschia mattutina. Ritorno quindi al Passo di Lausa e scendo verso il vallone di Antermoia, non prima di aver sbagliato nuovamente traccia scendendo troppo verso il rifugio di Antermoia, mentre la traccia che dovevo seguire io volgeva subito a sinistra dopo il passo, invero nascosta dalla neve residua e dalle grandinate recenti. Incredibilmente finora non ho incontrato nessuno pur essendo agosto, la scelta di bivaccare è risultata vincente e mi ha allontanato dal clamore dei rifugi e delle zone più frequentate.
 Il versante est del Catinaccio d'Antermoia si specchia in un effimero laghetto
 Ancora il Catinaccio d'Antermoia, a destra della spalla la zona di attacco della ferrata
Valle e lago d'Antermoia
Raggiunto il fondovalle prendo la traccia per la ferrata d'Antermoia, che sale lungamente obliqua a destra, fino a girare a sinistra verso l'attacco della ferrata vera e propria.
 Vista d'insieme del I tratto di ferrata
 Selfie in ferrata
 Salendo
 Tratto in cengia ascendente
Si intravede la croce di vetta
Metto il Casco e l'imbrago e bestemmio per la dimenticanza più grave: i guanti da ferrata; dovrò usare solo le mani nude sul cavo d'acciaio, pazienza, spero che non ci siano sfilacciamenti. Il passo d'attacco è piuttosto esposto a destra, ma le difficoltà sono modeste, con alcune scalette e diversi tratti in cui il cavo serve poco, mentre alcuni tratti non attrezzati, a causa degli accumuli di grandine, risultano insidiosi. dopo la prima parte varia segue una lunga cengia ascendente a sinistra che arriva fino a poche decine di metri al di sotto della cresta finale. Incrocio il primo gruppo della giornata, cui lascio il passo mettendomi in disparte e dopo un pò sbuco sulla cresta. 
 Dalla cresta: Catinaccio, Torri del Vajolet e Croda di Re Laurino
Ecco la Vetta con l'immancabile gruppo di tedeschi
Il paesaggio è stupendo, in particolare verso il vicino Catinaccio e le Torri del Vajolet, così come verso l'Antermoia con il suo laghetto verde. La croce di cima è vicina e la raggiungo percorrendo l'aereo filo di cresta con attenzione, in particolare in un piccolo intaglio. In cima (3004 m) trovo un gruppetto di tedeschi, e la croce di vetta è fatta da un'intelaiatura metallica all'interno del quale sono stati posizionati blocchi di roccia dolomitica, molto meno peggio delle altre croci che devastano le cime dei monti.
 Il filo di cresta
In cima
In cima mi raggiunge un ragazzo, toscano, come denuncia l'inconfondibile accento, e ci scambiamo lo scatto fotografico la croce di vetta. Comincio quindi la lunga ma non difficile discesa sulla ferrata ovest, in diversi punti maggiormente esposta rispetto a quella est, ma con maggiore continuità dei tratti attrezzati, incontrando molti gruppi di svariate nazionalità, ormai comincia ad essere tardi e sono tutti in moto.


Passaggi in discesa sulla ferrata ovest

Il più facile accesso da ovest, dal Passo del Principe, favorisce frotte di turisti, in particolare nei pressi del Rifugio di Passo del Principe, che ne rigurgita.
Passo del Principe e relativo rifugio: frotte di turisti di tutti i tipi

Arrivato al Passo ritengo di aver tempo sufficiente per un'altra vetta di giornata, ed opto per la bella Cima Scalieret, insieme alla Cima di Lausa la più alta del gruppo di Larsec con i suoi 2889 m.
 Cima Scalieret; dalla sinistra passa la traccia che dal passo di Antermoia porta alla forcella di Lausa
Vista della Catinaccio d'Antermoia e del relativo Passo visto dalla forcella di Lausa

Percorro il sentiero fino al Passo di Antermoia e poi piego a destra facendo una diagonale verso la forcella di Lausa, da cui lungo la dorsale nord raggiungo la Cima Scalieret, che gode di un'altra superba vista, stavolta anche sul sentiero di formiche dei turisti che salgono dal Rifugio Vajolet al rifugio Passo del Principe.
 La bella e divertente dorsale nord di Cima Scalieret
Panorama dalla cima verso la conca del Gartl e le magnifiche cime che la coronano

Breve pausa e nuovamente in discesa, non voglio arrivare tardi e trovare la funivia chiusa, anche se in realtà ho ampio margine; comunque ho finito la roba da mangiare (altro danno della fretta alla partenza della funivia). Mi fiondo quindi nuovamente verso il Passo di Antermoia e poi giù a rotta di collo per il sentiero, trafficatissimo, che conduce ai rifugi Vajolet e Preuss e quindi a Gardeccia. La frequentazione è davvero varia, chiassosa e multiforme e stride non poco con la bellezza austera e silenziosa delle pareti e dei picchi. La pulizia dei luoghi è comunque preservata nonostante l'incredibile afflusso.

Gardeccia
Arrivo a Pian Peccei davvero stanco, per la giornata pesante e per il trascorso della precedente, la discesa in funivia, nel bosco stavolta silenzioso con i piedi pencolanti, è molto rilassante e mi distende non poco. Arrivo all'auto, mi concedo un discreto pasto e comincio a pensare alla programmazione per domani, cosa fare, e soprattutto, dove andare?, il tempo terrà?. La consultazione meteo da casa mi dice che nella tarda mattinata di domani è già prevista pioggia e nevischio in quota nell'area fassana e della Marmolada, mentre in Val d'Aosta le previsioni, almeno per l'indomani, danno tempo discreto, ma in peggioramento a seguire nel giorno successivo...., caspita, ho i tempi ristrettissimi. Alle 18 decido quindi di partire, da Pera di Fassa, per l'area del Monte Rosa, la finestra di tempo di un giorno qualcosa mi permetterà di fare, sfruttando la cabinovia da Staffal fino al Ghiacciaio di Indren, ma questo è argomento per il prossimo post.